Paziente: Lucia(nome di fantasia), 36 anni, Rumena. Lavora come donna delle pulizie. Sposata, una figlia di 18 anni. Patologia: Sindrome del tunnel carpale da entrambi i lati, discopatie lombari, ulcera allo stomaco.
Intro
Lucia venne da me per essere trattata al tunnel carpale di entrambe le estremità. La diagnosi del medico terminava con una soluzione chirurgica in quanto dolori e parestesie durante l’arco della notte e della giornata non permettevano più un sano e regolare svolgimento del proprio lavoro e delle normali mansioni di vita quotidiana. Sotto consiglio di amici, che già avevano ricevuto sedute di Craniosacrale, si convinse ad affrontare la sua problematica con questo tipo di approccio terapico.
Prima Seduta
Solitamente per questo tipo di patologia la mia esperienza mi ha portato a dialogare più con la zona cervicale e diaframmatica che con l’articolazione della mano, in quanto la sindrome del tunnel carpale,strutturalmente, è la conseguenza di una lunga compressione delle vertebre cervicali basse e delle prime toraciche dovuta a logorio o a microtraumi. L’informazione nervosa efferente,di conseguenza, torna alla mano come input di compressione. Ovviamente diventa un circolo vizioso in cui sia a monte(radici nervose spinali) che a valle (estremità) tutto il fisiologico spazio intra articolare si perde, lasciando compressioni nervose, muscolari, tendinee e vascolari.
L’approccio è avvenuto in ascolto della parte superiore delle spalle con paziente supino. La tensione portava il sistema scapolo-omerale in inspiro costante. Una trazione degli arti fissa in direzione cefalica.Tutto il sistema respiratorio diaframmatico si trovava nella stessa condizione di inspiro, con un diaframma in compressione e una respirazione rapida e superficiale. Il passaggio per spiegare la discopatia lombare sta nella trasmissione miotensiva e neurologica del blocco diaframmatico che tramite i suoi pilastri (del diaframma) si installano sugli Psoas che,a loro volta, si inseriscono su tutti i corpi vertebrali delle lombari inserendosi poi con il tendine in comune con il muscolo iliaco sul piccolo trocantere. La seconda parte della seduta è stata dedicata quindi al diaframma respiratorio e all’organo che più degli altri creava un punto fisso in cui il diaframma ruotava: lo stomaco.
Trattandolo ,Lucia, ha avuto la sensazione di tensione lungo tutto l’esofago fino alla gola per poi sentire un lento e costante rilascio e alleggerimento dello stomaco.
Alla fine del trattamento la paziente a notato un netto alleggerimento del rachide in toto, libertà articolare dei polsi e delle dita e meno gonfiore addominale.
Seconda seduta
Dopo una settimana ci siamo rivisti. Mi ha raccontato di essere stata molto meglio, i dolori notturni non c’erano più se non qualche sporadico fastidio durante il lavoro.
Ma la seduta avrebbe celato qualcosa di molto interessante.
Dopo una mezz’ora di lavoro simile a quello della prima seduta, mi trovavo a lavorare il diaframma. Una mano sotto la T12-L1 e una sullo stomaco. Parlavamo di questa ulcera, da quanto tempo ce l’avesse e delle presunte cause. La sua storia è stata molto travagliata e sofferta. Una figlia a 18 anni non voluta dalla famiglia del marito che inoltre la odiavano, un marito che è dovuto partire durante la gestazione per trovare lavoro in Italia e difficoltà economiche. Mi racconta di aver vissuto una gestazione terribile fra urla e litigi, si ricorda inoltre di aver avuto un addome sempre duro e rigido. Durante il travaglio, nella fase conclusiva, non sono riusciti a far rigirare il feto che era in posizione podalica optando per un cesareo d’emergenza… 18 ani fa in Romania…
Durante questa conversazione ,ad un certo punto, una forte tensione si creò fra il suo fegato e le coste dandomi una sensazione di forte pesantezza sopra la mia mano sotto la schiena. Era come un fulcro compatto e pieno d’energia, come un sasso. In quel momento iniziarono le contrazioni addominali. Mi disse che si sentiva come se dovesse partorire, stesse emozioni e sensazioni fisiche.
Mantenendo una forte centratura ho iniziato a portare di continuo l’attenzione e la consapevolezza della paziente da quel momento di risveglio traumatico del parto allo stato presente e tranquillo(In termini biodinamici questa abilità verbale prende il nome di Shuttling). Questa negoziazione è continuata per una mezz’ora, fin quanto il fulcro, dirigendosi verso le pelvi, si è fermato sotto la sinfisi pubica verso sinistra. La paziente era visibilmente esausta e sudata, eravamo riusciti a trasportare questa memoria fino alle pelvi, ora mancava il tratto finale: l’uscita, quindi la trasformazionezione di questa memoria traumatica di 18 anni prima. L’ho incitata a respirare e spingere ricordandole sempre che questa cosa non esisteva ma che andava affrontata come se fossa reale e allo stato presente. In pochi minuti ha espulso ciò che nel suo ricordo era rimasto nell’utero, visto che le fecero poi il cesareo. Scoprì in seguito di aver avuto una discreta perdita di sangue.
Finita la seduta, e una volta che si fu ripresa, iniziò a sentire di nuovo il suo corpo e le sue diverse sensazioni. Iniziò a piangere… mi strinse forte ringraziandomi con tutta se stessa. Disse cose bellissime che riporto testualmente :”mi sento libera ora” e “Queste sono le mie prime lacrime di gioia della mia vita”.
Considerazioni
Penso che il trauma si sia fissato in quanto il processo di parto era giunto quasi a termine, ma visto che il feto era podalico e non se ne accorsero in tempo, dovettero fare l’anestesia totale per effettuare il cesareo. E’ come se il processo fosse rimasto in bilico. Non soddisfatto. Come una stampa che resta in coda anche se si spegne il computer, e che poi quando si riaccende riprende il processo terminandolo. Però questa condizione costa cara all’organismo. Tenere una memoria del genere richiede energia e tensione, da qui l’ulcera le discopatie lombari e una sensazione di malessere generale. Dopo il “nuovo parto” Lucia non ha avvertito più la pesantezza generale, il dolore alla schiena e ai polsi, lo stomaco lo sente più capiente e morbido. Dorme meglio la notte e si sente meglio con suo marito e sua figlia.
Un’altra conversazione avvenuta con la paziente una settimana dopo mi ha fatto molto riflettere. Mi disse di aver avuto pensieri riguardo il suo passato. Ovviamente ciò avveniva anche prima che la conoscessi ma la cosa interessante è che non vi era più trasporto emozionale. Non piangeva più al pensiero degli eventi che la segnarono. Rivedeva la sua storia con un rispettoso distacco, non era più in quegli istanti e in quei periodi; era nello stato presente, affacciata a guardare indietro… senza tornarci. Il tutto sostenuto da molta pace e serenità.
Questo dialogo mi è servito per confermare uno dei punti ,secondo me, più importanti scaturiti da questa affascinante esperienza: la capacità intrinseca della mente di fissare emozioni ,relative ad un certo spazio-tempo, contemporaneamente sulla memoria e sul corpo. Le credenze e l’educazione danno lo spessore ed il peso al ricordo. E’ come se noi recepissimo input ,per loro natura “neutri”, e gli dessimo il valore che il nostro sistema di osservazione e comprensione gli associa. Non a caso alcune esperienze hanno più valore per qualcuno e meno per altri.
Per la mente e il corpo il tempo non esiste. E’ tutto unico spazio-tempo. Noi diamo valore ed energia al passare di determinati momenti e luoghi. L’osservatore decide quanto debba essere coinvolto dall’osservato. Dare spazio è l’unico modo per aiutare ed aiutarsi.
Bisogna provare a diventare infiniti per far accomodare l’universo.
di Francesco Omar De Cenzo